Del perché c'è il bollino rosso all'ingresso del mio blog

Del perché c'è il bollino rosso all'ingresso del mio blog.

Voglio sentirmi libera di parlare di qualunque cosa gironzoli per la mia testolina con il linguaggio che riterrò più appropriato all'argomento o anche solo al mio stato d'animo del momento; e voglio che anche chi commenta i miei post possa fare altrettanto; ma non voglio urtare la sensibilità di nessuno. I contenuti forti di un blog non sono necessariamente legati al mondo del sesso: si può parlare in termini crudi anche di politica, religione o dei litigi col vicinato.
Io parlo e scrivo esattamente come vivo: pane al pane e vino al vino, chiamando le cose col loro nome, perché non ho mai avuto paura delle parole. Quindi amici e nemici, passanti di una volta e masochisti fissi, qui si scriverà di tutto, ergo chi vuole resti, chi non vuole vada.
Tutti i commenti sono benaccetti, anche le critiche, purché fatti con intelligenza (per chi la possiede) e con rispetto (che invece pretendo da tutti). Non ho messo la moderazione ai commenti e non cancellerò niente di quanto scriverete, ma ognuno si assuma la responsabilità di ciò che lascia ai posteri e sappia che corre il rischio che io gli risponda.
Rispetto le persone che si sentono offese da alcuni tipi di linguaggio o di argomenti: per loro ho messo le avvertenze sui contenuti del mio blog, ma è un'arma a doppio taglio, perchè chi continua a leggere poi non venga a farmi la morale! Al di lá di qualche imprecazione che non è necessario comunicare alla sottoscritta, non si curi di me ma guardi e passi...
Per sapere chi è lo smanettone con polluzioni notturne che ha reso necessario questo chiarimento andate a leggere il 'Post nudo e crudo' del 18 Settembre 2012

martedì 4 dicembre 2012

2012 Odissea nelle ASL

Ho pubblicato questo post nella vecchia piattaforma il 20 Gennaio di questo stramaledettissimo anno.
Non sapevo, non immaginavo o forse non ho voluto capire che eravamo alla fine.
Non lo avrei pubblicato altrimenti, non avrei forse nemmeno avuto voglia di scriverlo e comunque non con quel tono...
Ho sperato e lottato fino all'ultimo secondo. Io ci ho creduto, fino all'ultimo ho creduto che potesse riprendersi in qualche modo, che ci fosse ancora una speranza...
Come è finita chi mi seguiva nell’altra piattaforma lo sa già: è morta due giorni dopo, fra le mie braccia.
Ho pensato a lungo se avesse senso ripubblicare tutti i post legati a lei, perché quando li ho scritti l'ho fatto per sopravvivere ad un dolore talmente grande da non sapere come fare a continuare a respirare; ma adesso che senso ha?
Riflettendo ho capito che almeno per me un senso ce l'ha: quel dolore fa ancora parte di me, non è diminuito di una virgola, riesco solo a mascherarlo meglio, ma dentro fa ancora male, tanto, forse anche di più perché man mano che il tempo passa metto apposto tasselli di memoria e mi accorgo di cose di cui non mi rendevo conto, mi chiedo se in certi momenti avrei potuto comportarmi diversamente, forse avrei potuto fare di più...
Gli ultimi anni ma soprattutto gli ultimi due mesi di quel calvario, Dicembre e Gennaio, mi hanno cambiata profondamente. Non si può capire la Maria di oggi, i suoi improvvisi silenzi, i suoi sbalzi d'umore, gli scoppi d'ira apparentemente immotivati, senza sapere almeno per grandi linee cosa ha vissuto.. Questo fa parte di me, come tutto il resto, io sono il risultato di tutto, nel bene e nel male.. Non posso raccontarmi solo per le cose divertenti o per quelle in cui faccio la dura, quella forte.. Io sono anche questo: sono un dolore che non si placa, sono una ferita ancora aperta, sono una persona che ha imparato ad odiare e che ha risistemato la scala delle sue priorità, sono una persona fragile che si piega e piange senza riuscire a fermarsi, per ore.. sono una persona che si è scoperta piena di ansie e paure per il futuro e che si domanda cosa ne sarà di lei, che ha rimesso in discussione tutto e tutti... Sono una persona che ha perso il suo equilibrio e sta faticosamente cercando di trovarne uno nuovo.
Tutti mi dicono che devo reagire, qualcuno addirittura mi dice 'ma quanto ancora intendi stare così? adesso basta' e la mia voglia di mandare a fanculo il mondo e di restarmene nel mio angolino a fare compagnia al mio dolore cresce in misura esponenziale.
Io lo so che passerà, ma vorrei anche essere lasciata in pace a misurarmi con le mie fragilità; non sono depressa, sono triste e son due cose diversissime, quindi credo di avere il diritto di prendermi il mio tempo ed il mio spazio per accettare la perdita atroce della mia mamma. Ancora non ci sono riuscita e non credo ci sia un tempo standard e anche se c'è visto che chi mi conosce mi ha sempre detto che non sono come la maggioranza delle persone, non capisco perché dovrei assomigliare a questa maggioranza proprio ora; prima mi si loda per la mia originalità, poi mi si rimprovera per la mia diversità, eppure sono due modi differenti di indicare la stessa cosa: un modo tutto mio di guardare al mondo.
Io per ora ho bisogno di recuperare energie, quando avrò fatto il pieno comincerò a reagire, per ora non riesco, dal mio punto di vista è semplice ma visto che nessuno lo capisce devo dedurne che la cosa è chiara solo a me, forse perché tutti pensano alla morte della mia mamma come ad una morte normale; nessuno sa cosa ho passato negli ultimi 5 anni lottando con lei contro il cancro, l’intervento chirurgico, la chemio poi la paralisi per l'ictus, doverla vestire lavare imboccare, sentirmi dire 'lasciami morire, non ce la faccio più voglio morire' e non poterlo e saperlo fare mentre i suoi occhi piangevano..
ma che ne sa la gente di quanto sia stato devastante per me? Di cosa ho nel cuore? Del fatto che ancora in piena notte mi sveglio sentendo i suoi lamenti convinta sia ancora accanto a me.. dopo tutte le notti che ho passato seduta in una sedia accanto al suo letto, puntando la sveglia ogni tre ore per il cambio flebo, cosa ne sanno di che legame avevo io con lei, io ho sempre vissuto con la mia famiglia: vivo sola da tre anni ma per 40 sono stata in casa con loro, ho trovato lavoro molto tardi quindi passavo un sacco di tempo con la mia mamma e adesso mi manca così tanto che a volte mi sembra di impazzire,
perché è così strano capire che ho bisogno di riprendermi la mia dimensione e di leggermi dentro per capire come iniziare a ricostruire la mia vita senza di lei?

A voi il post....

20/01/2012
La mia mamma sta molto male.
Da due giorni non riesce più a deglutire, nemmeno l’acqua, nemmeno usando l’addensante, nemmeno la pappine frullate, niente. Si è resa perciò necessaria l’alimentazione esterna per via endovenosa. Non sono flebo, ma sacche particolari che dà l’ASL di appartenenza su richiesta del medico specialista.
Con la suddetta richiesta mi reco quindi all’ASL per ritirare queste sacche. Entro in un lungo corridoio con molte porte numerate ai lati; non sono sicura ma mi sembra che i numeri pari siano tutti da un lato e i dispari dall’altro. Mi informo su quale sia la stanza giusta mostrando la carta rilasciatami dalla dottoressa che segue mamma:
-dove ha fatto la richiesta per l’assistenza domiciliare integrata, Signora.
-Ok stanza 15 quindi.
-Si.
-Grazie, arrivederci.
Busso alla porta. Non odo risposta. Ri-busso. Silenzio (o almeno a me così pare). Apro ed infilo la testa:
-c’è già una persona, Signora. Chiuda la porta e rispetti la privacy.
-Scusi sono mortificata.
Divento rossa come un pomodoro. Richiudo ed attendo. Quando tocca a me entro, rinnovo le mie scuse precisando che non avevo proprio sentito risposta e porgo il foglio:
-no, Signora, non è qui che deve portare la richiesta. Stanza 20 oppure 18.
Argh! Esco e cerco con lo sguardo le due porte: alla 20 c’è una marea di gente, prendo comunque il numero; dietro la 18 non c’è anima viva. Busso. Nessuna risposta. Ri-busso. Idem. Che faccio? Apro e becco un altro rimprovero? Aspetto? Ma si dai... la fila della 20 è in stallo. Ad un certo punto un tizio esce dalla 20 ed entra nella 18 seguito da una signora. Allora aspetto che la signora esca e busso alla 18. Niente. Il tizio esce e torna nella 20. Arriva una donna con un caffè in mano ed entra nella 18. Ok –penso- ci siamo. Ri-busso. Silenzio. La fila della 20 inizia a muoversi. (Anche le mie ovaie iniziano a muoversi, in senso antiorario). Ri-busso alla 18. Il nulla! Apro:
-signora non vede che ho gente? Aspetti il suo turno, per favore.
Ho battuto il mio personale record: due brutte figure in meno di mezzora. Me ne farò una ragione!
Arriva il mio turno alla 20. Entro. Il tizio che era uscito dalla 20, entrato e uscito dalla 18 e rientrato nella 20 legge la richiesta e mi chiede di seguirlo. Usciamo dalla 20 ed entriamo –si avete indovinato!!!- nella 18:
-signora ha un documento della mamma?
-Lo avete già. Ve l’ho portato due settimane fa quando ho chiesto l’assistenza domiciliare. Avete tutta la documentazione medica, le analisi, le fotocopie dei documenti mio e di mamma. Avete già tutto. Mi è stato detto che non era necessario portare altro, solo la richiesta del medico che la segue.
-Signora si riferisce alla stanza 15?
-Si.
-Ma quello è un altro ufficio! Serve un documento di mamma.
Precisazione: la stanza 15 è di fronte alla 18.
Esco dalla 18. Entro nella 15 senza bussare. Riesco a farmi fare una copia della fotocopia del documento di mamma. Mi ripresento al 20 e torniamo alla 18. Mi da dei fogli da compilare ed esce (sarà mica tornato alla 20?). Compilo i moduli ed attendo. La signora del caffè è ancora impegnata con la coppia con cui l’avevo vista quando, da vera maleducata, ho aperto la porta dell’ufficio. Adesso posso sentire i loro discorsi, devo più che altro, anche se non voglio, perché la stanza è piccola e non ci sono divisori fra le due scrivanie, peraltro molto vicine (alla faccia della privacy). Parlano di soffitti da pitturare, si stanno mettendo d’accordo su alcuni lavori da fare a casa della signora del caffè. L’impressione (quanto sono maligna) è che non abbiano parlato d’altro sin dall’inizio... mi sbaglierò...
Torna il tizio ‘ping pong’ che controlla i fogli e mi chiede nuovamente di seguirlo. Torniamo alla 20! Sto per mettermi ad urlare ma penso alla mia mamma nel suo letto, ad i suoi occhi stanchi ed al suo fisico duramente provato dalla malattia e mi trattengo. Il tizio fa una fotocopia dei fogli, ci schiaffa sopra un bel timbro e mi dice:
-vada nella nostra farmacia a ritirare le sacche
-Porta n°?
-No signora, deve andare all’Asl che si trova in via ***** a Catania.
Dall’altra parte del mondo, praticamente! (Vivo in un paesino vicino a Catania, ma l’ASL di competenza si trova in un altro paesino più lontano e questa farmacia si trova al centro di Catania). Ok calma, guardo l’orologio e mi dico ‘ce la posso fare, se metto da parte tutto quello che mi hanno insegnato quando ho preso la patente e guido la mia Volks (wagen) come so fare io’ (Che sono presuntuosa l’ho scritto a lettere cubitali nel profilo, ergo che vi stupite a fare?). Mi metto in macchina, auricolare e telefonata al fratello intelligente e soprattutto tecnologicamente avanzato: ‘cerca su internet via ***** e dimmi se è in zona piazza ***** che non ne sono sicura; io intanto mi sto dirigendo verso Catania’. Mio fratello richiama e mi spiega dove devo andare con la precisione del centimetro quadrato. Bene sono nella direzione giusta. Arrivo e cerco posteggio: manco l’ombra! Giro e rigiro. Alla fine trovo un posto nelle famigerate strisce blu; è molto lontano ma non c’è altro. Tagliandino e via di corsa verso l’Asl. Entro. Confusione. Cerco l’elimina code: vuoto. Mi guardo in giro e scorgo una signora con un foglio in mano ed una penna dietro un piccolo banchetto. Mi avvicino e, mostrando il foglio:
-buongiorno, devo ritirare le sacche alimentari. Dove devo andare?
-Quella porta lì ma c’è una lista.
-Ok mi scriva. Grazie.
Mi siedo. Aspetto. Il tempo passa. Mi ricordo che devo cambiare il tagliandino alla macchina. Volo. Torno col fiatone e col cuore che sta per scoppiarmi nel petto.
Alle 12:15 la signora della lista se ne esce con la seguente sparata:
-alle 12:30 chiudiamo. Chi non ci arriva torna domani mattina.
Mi tremano le gambe. Di nuovo penso a mamma. Mi viene da piangere ma non faccio in tempo: arriva il mio turno!
Entro e porgo il foglietto.
-no signora, deve andare al 4° piano.
-Cosa???? Ma la signora all’ingresso mi ha detto che era qui, è più di un’ora che faccio la fila!!!!!!!!!!!!!!!!
-Vi sarete capite male.
Ok, va bene, non perdiamo tempo prezioso, 4° piano. Corro verso il corridoio, ascensore guasto, salgo i gradini due per volta, ogni giro di scala temo che il cuore mi abbandoni. Arrivo alla porta che sta per chiudersi ed urlo tipo invasata ‘per favore è urgente’. Spiego sommariamente l’accaduto e porgo il foglio:
-no signora, non è qui che deve chiedere.
-Ma la signorina del primo piano...
-Avrà capito male signora; qui è per fare la richiesta per i pazienti residenti a Catania, lei ha già la richiesta dell’Asl del suo comune quindi deve andare direttamente a prendere le sacche nella farmacia al primo piano. Non c’era bisogno di fare tutto questo giro, ha perso tempo inutilmente.
Respira Maria, respira... ok ascensore sempre guasto, scendo più veloce che posso. Non trovo la farmacia. Inizio a girare: nessun cartello o indicazione. Chiedo ma nessuno mi da retta perché è l’ora di timbrare il cartellino ed andare a pranzare. Comincio ad aprire tutte le porte a casaccio. Mi torna di nuovo in mente mamma. Stavolta i suoi occhi pieni di lacrime (da mesi non riesce più a parlare e comunica con lo sguardo) non riescono più a calmarmi; anzi, mi fanno esplodere. Inizio ad urlare sbattendo porte e tirando calci a tutte le sedie che incontro, imprecando contro tutti i dipendenti pubblici, presenti inclusi. Finalmente qualcuno mi spiega dove devo andare. Arrivo e:
-si calmi signorina, non siamo ancora chiusi. Si metta comoda che sto arrivando.
Mi accascio su una sedia ed aspetto. Non saprei quanto, non avevo più energie nemmeno per guardare l’ora e farmi il conto. Torna la signora e compila un modulo. Mi fa firmare e mi dice che la richiesta scade dopo 30 giorni, cioè il 19/02/2012 e mi da diritto ad un numero non precisato di sacche; nel senso che loro me ne danno solo 8 per volta e che quindi la prossima settimana mi devo ripresentare per averne altre 8 e così via fino al 19 febbraio; dopo di che dovrò rifare tutta la pratica da capo.
-Ora deve andare al nostro deposito a farsi dare le 8 sacche. Piano "-1". L’ascensore è rotto, prenda le scale. Grazie e arrivederci.
Corro al deposito. Mi danno due scatoloni enormi maledettamente pesanti.
-C’è qualcuno che può aiutarmi a portarli fuori?
-No spiacenti.
-Ok grazie lo stesso.
Salgo le scale lentamente, cercando di tenere in equilibrio gli scatoloni ma non vedo praticamente nulla, né davanti a me, né i gradini sotto di me, non vedo dove metto i piedi e procedo a tentoni, andando a memoria, sperando di non cadere. Riesco ad uscire dall’edificio e realizzo che non ho alcuna possibilità di arrivare in quelle condizioni alla macchina, troppo lontana. Finalmente un signore e suo figlio mi vengono in soccorso e, prendendo uno scatolone a testa, mi accompagnano fino all’auto. Mi dice di essere un dipendente dell’Asl, stava cercando un collega. Io non so come ringraziarlo, mi trema la voce, le gambe, le braccia.. ripeto, come un disco rotto, grazie di cuore, grazie di cuore... Mentalmente chiedo scusa a tutti quei dipendenti pubblici seri ed onesti che, facendo di tutta l’erba un fascio, avevo incluso nella mia filippica contro gli inetti, gli scansafatiche, i mangia stipendi a tradimento, i bastardi...
Mentre camminiamo dice da alta voce, scorgendo un signore con un sacchetto della spesa dall’altro lato della strada:
-toh guarda... il collega che cercavo; era uscito ecco perché non lo trovavo!
Fine

10 commenti:

  1. Non esiste, come hai già scritto, un tempo standard per rielaborare un dolore, specie uno del tipo da te descritto: quindi lascia stare chi ti "da addosso" per farti reagire, e cerca il tuo equilibrio come, dove e quando meglio credi. La storia che hai raccontato è assurda: è vero che certi medicinali devono essere dati solo in caso di estremo bisogno, ma bisogna capire anche il linguaggio del cuore oltre a quello della burocrazia, e molti non ne sono in grado, timbrano il cartellino e per loro finisce lì. Non ho molto altro da dire perchè non son un granchè a comunicare con le parole, ti lascio solo un abbraccio e la disponibilità ad ascoltare nel caso serva. Ciao Mandorlì :-)

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    1. Eppure Mist, ogni volta che leggo qualcosa scritto da te mi arrivano molte cose... Tu ripeti spesso che non sei bravo con le parole, io so solo che riesci a comunicare allegria con i tuoi post, partecipazione con i tuoi commenti ai miei, e tutta la gamma degli stati d'animo di un essere umano (uno dei tuoi ultimi post trasmette netta la tua sensazione di sconforto e di impotenza ma anche la tua voglia di reagire e non è la prima volta che noto queste cose) Fattene una ragione, riesci benissimo a spiegarti e a far capire cosa pensi, rassegnati e grazie di esserci... ancora... Un abbraccio strettissimo

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  2. Ecco, famme capì che te arriva che lo voglio anch'io :-) faccio un attimo il serio: l'allegria che cerco di comunicare (non sempre riuscendoci) attraverso il blog è una sorta di reazione al mondo che mi circonda, alle difficoltà che io, come tutti i cristiani di questa terra, ho. Ho maturato la convinzione che reagire con un sorriso è forse la migliore medicina, anche se spesso tutto questo viene scambiato per superficialità. Certo, ho anch'io dei momenti di sconforto nero che più nero non si può, ma cerco di non parlarne praticamente mai sul blog (rara eccezione è il post a cui fai accenno tu di qualche giorno fa) perchè sono così anche nella realtà: cerco di trasmettere positività, i problemi e la negatività li tengo per me, senza angustiare altri, visto che ognuno ha abbastanza casini per conto suo. Ed ogni volta che riesco a far sorridere qualcuno con quello che scrivo sono contento, mi fa stare bene, perchè in fondo quello spazio è stato creato per questo. Diciamo che per me è una "terapia indiretta" :-) buoan serata :-)

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    1. allora sii contento
      perché a me fai spesso sorridere
      e mai nemmeno per una volta leggendoti ho pensato tu fossi superficiale
      al contrario ho sempre avuto la sensazione di avere a che fare con una persona estremamente sensibile
      ....
      però adesso famme capì 'na cosa tu a me
      allora io che scrivo roba triste faccio star male la gente?
      hehehe
      ecco perché qui non c'è più nessuno...
      ; )

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    2. Ma no che non fai sentire male la gente, è che spesso sui post personali come questo è difficile trovare qualcosa da dire che non sia una banalità (almeno per me è così). Scrivere di sè è difficile, io l'ho fatto rarissimamente e credo di non farlo mai più. Perchè in un certo qual modo ormai la maggior parte delle persone che vengono a leggermi si aspetta qualcosa di allegro, appena cambio e tento di fare qualcosa di diverso molti spariscono. Quindi credo sia meglio tenere tante cose per me, ance non necessariamente personali: ad esempio avevo iniziato a fare degli esperimenti di racconti brevi ma credo non ne pubblicherò più. Diciamo che sono rimasto un po' "incastrato nel personaggio".

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    3. io credo tu debba scrivere solo ciò che ti va fregandotene se la gente ti legge oppure sparisce...
      magari ne perdi 10 e ne trovi altrettanti con gusti diversi
      ma in ogni caso scrivi
      il resto è relativo

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  3. Il post in sè è una ordinaria escursione nel mondo dei servizi pubblici di questa malconcia repubblica, purtroppo temo che a molti, me compreso, siano capitate odissee come la tua. Lungi da me fare di tutta l'erba un fascio, odio le generalizzazioni e nel pubblico ho trovato settori di efficienza stupefacente così come gente che dovrebbe lavorare per me ed è pagata da me che avrei preso a testate. Ma mi ha toccato molto di più la tua introduzione, ci sono dentro sangue e carne viva, e per di più una grande lucidità. Hai già detto tutto tu, devi riprenderti la tua dimensione e leggerti dentro per capire come ricostruire. Se esiste una cosa personale, a mio avviso, è il dolore e il modo in cui ciascuno di noi lo attraversa. Non si possono dare consigli e men che meno avere la pretesa di capire o giudicare, solo tentare di essere vicini e condividere.

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    1. Grazie,
      davvero,
      grazie perché mi sento meno pazza quando mi rendo conto che qualcuno comprende ciò che sento e quindi dico

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  4. La mia mamma è morta un anno e mezzo fa. Quel momento è ancora congelato dentro di me. Ho la mia famiglia, mio marito, mia figlia... ed è per lei che ho paura... per lei che è ormai grande, per lei quando, inevitabilmente, io le mancherò così tanto. Così ti parlo da mamma, più che da figlia, non soffrire così tanto, non farlo... ti prego... per la tua mamma. Un abbraccio. Lella.

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    1. Ciao Lella, benvenuta.
      Capisco il tuo accorato appello, ma al momento mi viene difficile ascoltarlo; se può consolarti, posso dirti che è un dolore che pur colpendo duro mi sta fortificando, non so spiegarti come, nella mia testa non tutto è chiaro, ma sento dentro che quando finalmente riuscirò a smettere di piangere, quando il dolore da acuto diventerá sordo, sarò una persona più stabile.
      Purtroppo le modalità della sua morte e la durata del calvario mi hanno provata parecchio e stanno rendendo difficile e prolungato il recupero della mia vita, anche perché vivo da sola, non ho un compagno, non ho figli, per fortuna ho due bimbe pelose, ma vedo la differenza con mio fratello che invece ha una compagna ed un bimbo di un anno..
      Stai tranquilla, ne uscirò, è solo una questione di tempo, te lo dico da figlia e come figlia ti abbraccio idealmente.
      Maria

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